Dopo aver maturato importanti esperienze all’estero nell’ innovazione digitale in realtà multinazionali come Vodafone e Samsung, rientra in Italia per guidare la community punto di riferimento per il fintech in Italia.
La tua storia professionale è legata all’innovazione digitale, “un modo di vivere più che un lavoro”. Come ti sei avvicinato al mondo del Fintech?
Sono sempre stato attratto dal mondo dell’innovazione digitale e dalla sperimentazione continua che comporta, così ho scelto che fosse la mia professione. Ho avuto la fortuna di lavorare ai primi progetti di mobile payments a livello globale: è stato il primo passo verso il mondo del fintech. Quando nel 2017 è nato il Fintech District, per noi addetti ai lavori all’estero era già chiaro il potenziale del settore, l’opportunità di essere parte attiva nella creazione dell’ecosistema italiano è stata irrinunciabile: anche in Italia ci sarebbe stato un progetto per agevolare il dialogo tra operatori tradizionali e nuovi player.
Cos’è il Fintech District di cui oggi sei alla guida e quali sono le attività che portate avanti?
Il Fintech District non è un luogo fisico, bensì una community di oltre 210 startup e scaleup fintech nazionali e internazionali. Per loro, creiamo occasioni di incontro e dialogo con realtà corporate, affinché possano collaborare per sviluppare progetti di open innovation. Le aiutiamo a crescere e a scalare il mercato, facciamo formazione e dialoghiamo con stakeholder anche istituzionali per portare avanti progetti che aiutino concretamente lo sviluppo dell’ecosistema italiano così da incentivare gli investimenti. Sono parte della community anche realtà corporate e professionisti, la cui scelta di aderire è dettata della propensione a innovare e dalla volontà di sviluppare collaborazioni basate sull’apertura e sulla condivisione.
Quali sono i principali risultati raggiunti e i prossimi obiettivi?
Alla nascita del progetto, nel 2017, le fintech parte della community erano 32: aver superato le 200 è un risultato eccezionale, visto che parliamo di più del 50% delle fintech italiane e di importanti realtà straniere come gli unicorni Klarna e Qonto. Tra i nostri corporate member figurano tutte aziende di primaria importanza come Poste e Fastweb. Abbiamo relazioni con oltre 10 hub innovativi a livello internazionale e contiamo su un network di circa 40.000 contatti. Il nostro ruolo di abilitatore di connessioni dirette tra fintech e corporate è confermato dalla crescita del numero di matchmaking tra i diversi attori: +22% nel 2021 rispetto all’anno precedente. Tra questi anche quello che ha portato all’acquisizione della fintech REDO da parte del corporate member OCS.
Sono molti i traguardi che potrebbero essere citati, tra quelli di maggiore rilevanza a livello di sistema: siamo tra i promotori di FIN+TECH, il programma di accelerazione dedicato alle startup che sviluppano soluzioni e servizi in ambito fintech e insurtech, parte della Rete Nazionale Acceleratori CDP, e in collaborazione a Business International-Fiera Milano, organizziamo e promuoviamo il Milan Fintech Summit, evento di settore ormai accreditato a livello nazionale e internazionale.
Quali sono i bisogni e le aspettative prioritari/emergenti delle start-up Fintech e gli ostacoli per far prosperare l’innovazione in questo settore? Su questo punto, come vedi il lancio della regulatory sandbox di Banca d’Italia?
La sandbox è un’ottima iniziativa che agevolerà lo sviluppo del fintech in Italia, deve però essere considerata un punto di partenza e non di arrivo. L’ostacolo più grande alle potenzialità del settore rimane la burocrazia, esempi esteri mostrano come ci sia più rapidità di crescita quando le istituzioni sono i primi promotori di una industry. L’innovazione ha bisogno di un ambiente fluido per esprimere tutte le sue potenzialità anche in termini di ricaduta su economia reale ed investimenti. Ciò che serve all’ecosistema FinTech italiano è poter dialogare sempre più con le istituzioni e le autorità regolatorie con una voce sola e avere tempi certi di risposta, oltre a progetti scalabili e investimenti. Ci stiamo impegnando quotidianamente perché questa sia la direttrice comune.
Il Fintech rende i servizi finanziari più vicini alla clientela e rivoluziona il modus operandi di tutti gli operatori. Tante le iniziative virtuose che nascono nel nostro paese, ma vi è anche una grande frammentazione. La rivoluzione Fintech si fa insieme?
Assolutamente sì! Il fintech italiano ha ancora bisogno di crescere e bisogna saper collaborare per farlo. È con questo spirito che il Fintech District aggrega, stringe partnership, fa massa critica perché la frammentazione delle iniziative, anche se virtuose, non fa il bene del settore. Solo se tutti i player operano nella stessa direzione, si possono creare le condizioni per una industry più solida e di riferimento a livello Europeo.
A cura di: Maria Cristina Mirabello - Communication Manager IAG