16 febbraio 2022

Il gruppo IAnG, intervista a Lisa Foltran e Federico Pistono



Negli ultimi anni, l’associazione si è arricchita di profili di nuove generazioni, il gruppo IAnG, un esempio per gli aspiranti angel che desiderano addentrarsi nel mondo startup e che spesso si ritrovano per confrontarsi sui temi dell’innovazione, desiderosi di apprendere le esperienze maturate nel network.

Tra loro anche Lisa Foltran e Federico Pistono. Conosciamoli meglio.

Lisa Foltran

Qual è il tuo background?

Mi sono laureata in economia e ho conseguito un master in Insurance and Risk Management. Ho più di dieci anni di esperienza nei servizi finanziari in ambito bancario e assicurativo con particolare focus su strategia e finance.

Sei entrata a far parte di IAG da qualche mese. Puoi raccontarci qualcosa sulla tua scelta di diventare business angel?

Era da qualche tempo che volevo approcciarmi in modo più concreto al mondo del venture capital ed il network di business angels di IAG, che vanta un panel di soci con competenze professionali di alto profilo e molto diversificate, mi ha convinta a conoscere meglio questa realtà.

In Italia il venture capital, seppur in forte crescita, non è un’asset class così sviluppata se paragonata ad altri mercati; insieme a IAG, mi piacerebbe essere parte del motore di crescita delle start up nel nostro paese. Non ho ancora avuto modo di investire, ma spero di poterlo fare presto!

Qual è il valore aggiunto dato dal poter far parte di un network di business angel con competenze multidisciplinari?

In questi pochi mesi ho avuto modo di apprezzare i momenti di confronto e la disponibilità dei soci con background ed esperienze diversi dalla mia.

Ad esempio, per investire in settori molto specializzati e meno affini al proprio background, oltre alla curiosità personale, ritengo sia estremamente utile condividere il punto di vista di chi, grazie alle proprie competenze tecniche, conosce al meglio il modello di business e le relative dinamiche di mercato in modo da poter avere una valutazione “più rotonda” sull’investimento.

Gestisci due team, sei Head of Planning & Controlling in Allianz bank e Head of Life control Unit in Allianz SpA e mentore presso la Cherie Blair Foundation for Women, la cui missione è quella di dare alle donne la possibilità di avviare, far crescere e sostenere imprese di successo, in modo che possano ridefinire il futuro per sé stesse e le loro società. Quali ancora le maggiori difficoltà che le donne incontrano in Italia nel mondo del lavoro e quali le differenze con l’estero?

Ci sono oramai molti studi che confermano come l’affermazione del ruolo della donna in ambito lavorativo e più in generale sociale, vada di pari passo con lo sviluppo del paese. 

In Italia gli ultimi dati di occupazione femminile forniti dall’Istat registrano come una donna su due purtroppo non lavori; abbiamo intrapreso un percorso, da ultimo lo dimostra anche la legge di bilancio 2022 in tema di politiche a favore della parità di genere, ma c’è ancora molta strada da fare e penso sia fondamentale continuare ad investire in misure che sostengano le donne nel coniugare vita privata /familiare con quella lavorativa e che le valorizzino andando oltre gli stereotipi di genere.

L’esperienza di mentore presso la Cherie Blair Foundation for Woman mi ha fatto toccare con mano quanto l’indipendenza economica e l’autorealizzazione dal punto di vista lavorativo sia un tassello fondamentale nel percorso di ciascuno di noi per costruire una società evoluta e che crei valore dal punto di vista umano.

Federico Pistono

Qual è il tuo background?

Computer science, amore a prima vista. Poi startup founder. Adesso angel investor e fund manager.

Fin da piccolo sono stato appassionato di computer e tecnologia. Da ragazzino mi divertivo a installare server Linux, fare patch alla PlayStation, configurare reti casalinghe e aziendali. Però in parallelo ho sempre avuto un lato artistico e uno sociale: ho suonato il basso in varie band, ballato, fatto teatro amatoriale, lavorato come regista in un’azienda di produzione video, ma anche fondato associazioni di volontariato e movimenti sociali.

Dopo la laurea in informatica ho passato qualche anno a vivere “due vite”: una professionale come programmatore e manager IT, e una come attivista e artista.

Col tempo, ho capito che dovevo lasciare il lavoro come dipendente e trovare la mia strada. Mi sono licenziato da un lavoro sicuro e ben pagato per scrivere un libro sul futuro del lavoro e della tecnologia. Il libro ha avuto un buon successo, è stato pubblicato in sei lingue e ho tenuto lezioni su questi temi in 30 paesi e varie università nel mondo. Le mie ricerche hanno catturato l’attenzione di CEO della Silicon Valley, tra cui Larry Page e Peter Diamandis, cosa che mi ha permesso di vincere una borsa di studio per Singularity University al centro di ricerche della NASA in California.

Tu Federico invece sei in IAG da quasi cinque anni. Cosa ti ha spinto a diventare un business angel?

È stata la mia esperienza in Silicon Valley. È lì che ho preso il virus delle startup. Una volta che te lo becchi non te lo togli più. Dal 2012 ho fondato 4 startup e altre 3 aziende tradizionali. In passato credevo che le corporation fossero la causa di molti problemi del mondo. Adesso credo nel potere dell'imprenditoria come forza positiva nel mondo. Credo nel potere degli innovatori e dei changemaker di trovare soluzioni alle grandi sfide che stiamo affrontando.

So bene che l’imprenditoria non può risolvere tutti i problemi che abbiamo, ma solo una piccola parte. Allo stesso tempo, credo fermamente che se vogliamo affrontare le sfide del ventunesimo secolo, dobbiamo affidarci a soluzioni scalabili, che possano crescere velocemente e avere un grande impatto.

Le startup sono organizzazioni nate per risolvere un problema che le persone hanno e per crescere velocemente. Per farlo, fanno leva su due effettivi moltiplicativi che esistono già nel mondo: il mercato globale e le tecnologie a crescita esponenziale. Non devono investire in ricerca di base o cercare di convincere le persone di qualcosa. Il loro obiettivo è trovare un problema che le persone sentono sufficientemente grande da voler pagare perché sia risolto, e sfruttare tecnologie già esistenti per velocizzare lo sviluppo e la distribuzione di un prodotto o servizio che risolve quel problema. (A parte rare eccezioni, vedi le startup che stanno lavorando alla fusione nucleare.)

Per questo motivo credo fermamente che finanziare startup sia il modo migliore per moltiplicare l’impatto del capitale investito, ordini di grandezza in più che investendo altrove.

È questo che mi ha portato a diventare un Angel Investor. Questo, e la possibilità di lavorare con le migliori menti del pianeta a problemi difficili. I founder di startup sono tipicamente molto intelligenti, pragmatici, e pieni di un ottimismo contagioso. Una boccata d’aria fresca.

In cinque anni da Angel Investor ho investito in 15 startup, più tre follow-on round. Adesso sto aprendo il mio fondo d’investimento.

Qual è il valore aggiunto dato dal poter far parte di un network di business angel con competenze multidisciplinari?

Far parte di un network ha molti vantaggi, ma il suo vero valore nasce quando ci sono persone con esperienza sul campo, con cui puoi effettivamente lavorare a un problema comune.

Questo non è facile, ma è quello che mi piace di più: confrontarmi con persone che hanno un repertorio di conoscenze diverso dal mio, da cui poter imparare ogni giorno e con cui crescere insieme.

Hai finanziato oltre 10 startup, tra cui società di intelligenza artificiale, dispositivi medici, prodotti nutraceutici e servizi finanziari. In IAG sei anche Champion di due investimenti, Comehome e PainQx. Quali sono le principali sfide di questo ruolo?

Le sfide sono infinite, proporzionali a quanto decidi di essere coinvolto nella vita della startup. Ho passato periodi in cui facevamo solo il nostro meeting mensile, e altri in cui ho lavorato a fianco dei founder, quasi ogni giorno, per settimane.

A volte hanno bisogno di una mano sul prodotto, nel creare una nuova strategia, nella raccolta fondi per il prossimo round. A volte i founder hanno semplicemente bisogno di sfogarsi con qualcuno o chiedere consiglio.

Se sento che la startup ha bisogno di aiuto, mi metto anima e corpo nell’aiutarla.

Cerco di dare sempre il massimo in ciò che faccio.