19 aprile 2021

Riccardo Fisogni: “Il reale cambiamento nel Fintech? L’evoluzione delle sue caratteristiche”



Riccardo Fisogni, mentor, business angel ed esperto della Fintech Community IAG, ci racconta la sua esperienza come Champion di Conio, Fintech attiva nei servizi di criptovalute, e dei futuri trend del settore.

Riccardo ha lavorato per più di 13 anni in grandi aziende finanziarie nelle quali ha ricoperto ruoli manageriali in diversi settori come l’Asset Management e l’Investment Banking in Merril Lynch. Consulente aziendale con focus su Open Innovation e investimenti in startup è mosso dal continuo desiderio di imparare. Scopriamo di più in questa intervista.

Qual è il tuo background?

Durante gli anni dell’università ho praticato sport a livello semi-professionistico ed è stata un’esperienza che mi ha dato due cose: la possibilità di frequentare persone provenienti da contesti molti diversi ma accomunate dalla stessa passione e l’attitudine ad investire nel lungo termine per far crescere un progetto, la capacità di rimanere focalizzato sugli obiettivi. Però nel mondo dello sport mi mancava qualcosa che ritenevo avrei trovato nel mondo del lavoro, così, con la stessa determinazione, e non senza difficoltà - da atleta non mi sono laureato cum laude e in brevissimo tempo…pure sempre con il massimo dei voti! - mi sono dedicato al progetto successivo: diventare investment banker. All’inizio ho collezionato un bel po' di cortesi lettere dalle grandi società di consulenza e dalle banche d’affari che recitavano tutte più o meno così: la ringraziamo… ma cerchiamo candidati con un profilo diverso dal suo. Quindi, senza perdere la focalizzazione sull’obiettivo, ho dovuto cambiare strategia ed arrivare dove volevo di sponda. Finché sono arrivato in Merrill Lynch dove ho lavorato per 7 anni in asset management e 6 in investment banking. In tutto il percorso professionale ho sempre fatto leva su flessibilità e curiosità, privilegiando le opportunità che vedevo nei nuovi progetti rispetto ad altri parametri. Così, in qualche modo, ho finito per fare più volte lo startupper di una grande società.

Nella tua carriera hai ricoperto funzioni manageriali in diversi settori, tra cui quello dell’investment banking per poi concentrarti nel ruolo di mentor per le startup. Come nasce questa passione e perché sei diventato un business angel?

Dopo 13 anni, la banca era diventata un’esperienza che mi assorbiva completamente, stavo diventando “grande” e c’erano ancora tante cose che volevo fare prima di finire fuori tempo massimo, così ho lasciato tutto e mi sono trasferito in Trentino. Poco dopo aver lasciato la banca, Enrico Chiapparoli, ex collega ed amico, che non a caso è appena stato nominato business angel dell’anno, mi ha detto: vieni anche tu in IAG che ci divertiamo. Così 7 anni fa ho declinato passione per far crescere i progetti, approccio imprenditoriale, curiosità e qualche nozione di finanza in quello che è diventato un lavoro. Non nel senso negativo ma nel senso di un’esperienza totalizzate, visto che ritengo che, sia per trarre delle soddisfazioni dall’investimento in start up sia perché da mentor si diventa parte di un team nei cui confronti si assumono degli impegni, quella di Business Angel sia un’attività che richiede continuità e il desiderio di continuare ad imparare.

In IAG fai parte della Fintech Community. Quale supporto concreto offrite alle startup del settore?

Penso che uno degli asset più importanti che IAG possa offrire ai founder sia l’accesso al network. Il livello dei soci è cresciuto ulteriormente e nell’ ultimo anno e mezzo, partecipando agli incontri di screening, ho avuto la conferma che qualunque sia il verticale in cui opera la società target, ci sono dei soci che hanno maturato una conoscenza molto approfondita del settore. Al di là di un rigoroso processo di selezione dei progetti a beneficio di tutti i membri dell’associazione, questo si traduce per le società investite da IAG in due vantaggi: una solida mentorship da parte dei Champion e nell’accesso al network a cui tutti i soci investitori possono contribuire, che per le start up è uno degli ingredienti del successo.

Questa considerazione generale è confermata da numerosi esempi in ambito fintech, quali Conio, Sonect, società con cui IAG è in fase di closing, con due Champion del calibro di Marco Bolgiani e Fabrizio Centrone, o dalla qualità dei membri della community fintech come Pasquale Zaccarella, Alessandra Pasquoni e Carolina Gianardi solo per citarne alcuni.

Nel 2017 hai investito insieme ad altri soci IAG in Conio, Fintech attiva nei servizi di criptovalute, in particolare bitcoin. Investimento nel quale ricopri anche il ruolo di Champion IAG. Puoi raccontarci questa esperienza?

Sono deal Champion di Conio insieme and Andrea Giustina, con cui ho realizzato numerose altre operazioni. È un progetto anomalo per un gruppo di business angel perché siamo entrati in un round subito dopo Poste Italiane e quindi ad uno stadio di sviluppo del progetto successivo a quello in cui tipicamente entriamo. In questo caso la reach del gruppo fintech si è manifestata in occasione del successivo aumento di capitale, quando sono entrati nel deal altri membri dell’associazione nonostante la valutazione eccezionale a cui è stato chiamato. Il coinvolgimento di nuovi angel di IAG ritengo sia avvenuto in buona misura grazie alla capacità di validare il potenziale del progetto, un wallet a 3 chiavi per crypto currency, sia in ambito bancario che istituzionale, grazie alle relazioni a livello di board che alcuni dei soci hanno.

È possibile individuare dei trend per il Fintech nel 2021?

Penso che il settore delle digital currency, non necessariamente le crypto, avrà un’accelerazione. Analogamente ritengo che, dopo la proliferazione di progetti dedicati alla costruzione di portafoglio e all’ asset allocation mediante algoritmi, assisteremo allo sviluppo di soluzioni per veicolare in modo mirato prodotti e servizi alla clientela in ambito bancario e assicurativo.

Ritengo però che il reale cambiamento sia l’evoluzione delle caratteristiche del settore. Ad esempio, per fare banca non è più necessario essere grandi; al netto dei vincoli regolamentari, il perimetro dell’attività bancaria è sempre meno definito e più aperto; i confini fra banche diventeranno sempre più permeabili o ancora, aumenteranno le relazioni fra banche e piccole realtà specializzate. E questo è valido per le banche come per le società di assicurazione. È un’evoluzione simile a quella intervenuta nel settore automotive: Tesla è una società di informatica, una società automobilistica o una società di energie alternative? Pensiamo alle Poste: logistica, offerta di prodotti assicurativi, finanziari, abbonamenti telefonici, asset management.