Spogli, californiano, era Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia quando, nel 2007, ideò Partnership for Growth, un programma il cui obiettivo era innescare una virtuosa collaborazione tra Italia e Stati Uniti in materia di innovazione. La visita nei principali hub dell’hi-tech americani era uno degli elementi indispensabili per far sì che quell’obiettivo diventasse realtà. Una missione che avrebbe portato, qualche tempo più tardi, alla nascita di IAG, grazie all’audacia di nove pionieri dell’angel investing che decisero di investire i loro capitali e, soprattutto il loro tempo, per creare una realtà che potesse sostenere gli imprenditori innovativi nel nostro Paese. Quindici anni più tardi, IAG, con il suo Managing Director, Leonardo Giagnoni, ha incontrato l’Ambasciatore Spogli. Per ricordare il passato e guardare al futuro, ancora una volta, con l’occhio attento di una grande guida.
Ambasciatore, 15 anni fa, lei ebbe il merito di aver unito uomini visionari e appassionati, stimolando la nascita dell’ecosistema del venture capital italiano. Ci può raccontare cosa significò per lei quel viaggio?
«Mi lasci dire anzitutto una cosa: bravi! Quindici anni sembrano tanti, ma sono pochi. E in questo poco tempo, avete fatto tantissima strada. Perciò, complimenti. Io, come sa, sono un businessman prestato alla diplomazia. Quando arrivai, mi resi subito conto di quanto fosse urgente attivare un programma che fosse orientato alla crescita tecnologica dell’Italia. Così nacque Partnership for Growth con cui avevo tre obiettivi: stimolare i giovani, affinché si sentissero titolati a dare un importante contributo al mondo delle imprese, rafforzare i rapporti tra Italia e Stati Uniti, e dare una spinta alla crescita dell’economia italiana. Ilventure capital poteva essere il motore di tutto questo. Così partì il mio, anzi il nostro, viaggio. Un’esperienza di scambio molto stimolante e propositiva, durante la quale i nove partecipanti ebbero modo di incontrare i colleghi americani e capire come portare il VC anche in Italia».
In questi 15 anni IAG ha attraversato varie evoluzioni del VC del nostro Paese, raggiungendo notevoli traguardi: oltre 550 angels coinvolti, oltre 110 investimenti realizzati, oltre 50 €M investiti e ulteriori 500 €M raccolti dalle nostre startup, 4 sedi operative in Italia per essere più vicini ai nostri soci e ai nostri imprenditori e un ruolo chiave nei principali network di Business angel internazionali come Business Angels Europe e Mediterranean Angels. Ora, l’ecosistema del venture italiano sta crescendo a un ritmo di oltre il 50% ogni anno: crede che dovremmo ancora imparare da ecosistemi più evoluti o il venture italiano dovrà puntare sui punti forti del nostro Paese?
«Il venture capital ha tante sfaccettature e bisognerebbe sfruttarle tutte: quello che esiste in Italia va valorizzato, così come ciò che accade all’estero. Lavorare nel VC, significa essere immersi in un contesto di costante apprendimento, capire nuovi trend e usare nuovi strumenti, per creare valore e opportunità nel Paese».
Lei che ha visto nascere IAG, cosa per cui la ringrazieremo sempre, cosa augura a IAG e all’ecosistema venture italiano per i prossimi 15 anni?
«È stato il mio desiderio da sempre far sì che l’Italia avesse un VC evoluto, capace di agire come fattore di crescita per il Paese. Questi ultimi 30 anni sono stati difficili per l’Italia che è cresciuta meno della media europea, ma sono convinto che la tecnologia e l’innovazione possano essere gli strumenti migliori per ribaltare le prospettive. E attenzione: questa non è una scelta facoltativa, non è un’opzione a cui potersi sottrarre, è essenziale che il Paese vada in questa direzione. Mi auguro, perciò, che voi di IAG continuiate così, comprendendo gli strumenti e i trend per valorizzare il VC e generare valore da esso. IAG ha già avviato un ottimo percorso, ora è tempo di consolidarlo e rafforzarlo, giorno dopo giorno».
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