21 maggio 2020

Enrico Chiapparoli: “IAG mi ha dato la possibilità di realizzare un sogno, aiutare gli innovatori”



Country manager di Barclays per l’Italia, e responsabile EMEA per le relazioni con le aziende del settore automotive, Enrico Chiapparoli ci racconta la sua appassionata partecipazione alla vita associativa di IAG, in cui svolge anche il ruolo di Champion, affiancando le startup lungo il complesso percorso per raggiungere il successo.

Country manager di Barclays per l’Italia, e responsabile EMEA per le relazioni con le aziende del settore automotive, Enrico Chiapparoli ci racconta la sua appassionata partecipazione alla vita associativa di IAG, in cui svolge anche il ruolo di Champion, affiancando le startup lungo il complesso percorso per raggiungere il successo.

Qual è il tuo background?
Lavoro da sempre nel mondo della finanza. Dopo la laurea in Economia Politica in Bocconi, sono andato a Londra a lavorare in Merrill Lynch, una delle maggiori banche d’investimento americane, dove sono rimasto per 17 anni, occupandomi di quotazioni in borsa, fusioni e compravendita di aziende. A 40 anni, sono uscito da Merrill e ho fondato, insieme ad altri ex-colleghi, una boutique di consulenza finanziaria per aziende che abbiamo poi liquidato 4 anni dopo quando siamo entrati tutti in Barclays, nella divisione di investment banking. Attualmente sono country manager di Barclays per l’Italia e responsabile EMEA per le relazioni di Barclays con le aziende del settore automobilistico.

Perché hai scelto di far parte di IAG?

IAG mi ha dato la possibilità di realizzare un sogno di quando ero bambino. Da piccolo, infatti, sono sempre stato affascinato dalle invenzioni che i partecipanti alla trasmissione televisiva Portobello cercavano di vendere o finanziare. Col passare degli anni, mi sono soprattutto appassionato di tecnologia e ho assistito alcune delle principali aziende italiane in operazioni di M&A nel settore. Ora, come socio IAG, col capitale e con l’esperienza, riesco ad aiutare tanti giovani (e meno giovani) imprenditori a trovare spazio nel mercato per le loro invenzioni. È un modo di ridare alla società qualcosa di positivo per tutto quello che ho ricevuto.

Cosa apprezzi di più dei servizi offerti dalla vita associativa IAG?

Apprezzo tutto della vita associativa di IAG: apprezzo il lavoro svolto dall’associazione per selezionare progetti interessanti, apprezzo la regolarità e cadenza degli incontri (ahimè ora solo virtuali) tra soci, le newsletter e il lavoro del Champions Desk. Soprattutto apprezzo il retreat: occasione imperdibile per conoscere veramente i soci, che sono la linfa vitale di IAG. È l’occasione per incontrare persone di background diversi, diversissimi, con un comune interesse per l’innovazione e il fare impresa. Spero che sia possibile tornare a parlarci dal vivo presto. Tra i vari club e associazioni di cui faccio parte, IAG è quello in cui sia io sia la mia famiglia ci sentiamo più a casa. Da quest’anno anche mia moglie è socia e l’anno scorso mio figlio ha fatto l’esperienza scuola-lavoro con il team IAG.

Quali caratteristiche dovrebbe avere un business angels?

Passione, esperienza, capitali e pazienza. Passione perché far partire un’impresa è di per sé un’impresa: le disavventure sono sempre dietro l’angolo e magari serve più di un pivot aziendale per trovare il giusto prodotto e il giusto mercato. Esperienza perché gli imprenditori che si rivolgono ai business angel cercano anche il giusto consiglio sulle strategie aziendali, sulla definizione del team ottimale e, perché no, anche introduzioni a possibili clienti o altri finanziatori. Capitali perché raramente il primo round basta e a volte bisogna seguire più round prima dell’exit per non farsi diluire troppo. Pazienza perché non sempre si trovano start-up meritevoli o d’interesse e, una volta trovate, difficilmente l’exit di successo arriva dopo pochi anni. In molti settori, possono servire anche dieci anni.

Quanto tempo personale bisogna dedicare a questa attività e cosa significa essere un Champion IAG? (Ruolo che hai svolto per due volte)

Essere un Champion IAG richiede sicuramente tempo. Nella mia esperienza, si può quantificare un tempo minimo necessario per il monitoraggio (1 ora settimanale per la call con l’imprenditore) ma non si può quantificare un tempo medio o massimo. Ci sono momenti della vita societaria (definizione della strategia, preparazione del nuovo piano, nuovi round di finanziamento, exit) che richiedono un numero di ore molto maggiori. Il tempo necessario dipende molto anche dalla completezza e capacità del team della start-up. In ogni caso, per me, essere Champion IAG ha sempre significato anche essere responsabile dell’investimento dei danari di tanti soci e amici (oltre che dei miei) e ogni ora è ben spesa in questo senso. 

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