20 giugno 2024

Company Building: il futuro del Life Science



Come si è sviluppato l'ecosistema VC italiano in questi anni? Ormai è chiaro: l’Italia è stata in grado di diventare attrattiva sul mercato VC internazionale e di competere con altri mercati europei nel corso degli ultimi anni.

Dal 2020, infatti, il Paese è riuscito a ridurre in modo significativo il divario con gli altri ecosistemi europei e il settore Life Science ha da sempre rivestito un ruolo fondamentale in termini di deal e di dimensioni dei round, fino ad arrivare a quasi un quinto del totale degli investimenti (Growth Capital - Osservatorio sul Venture Capital – Italia Q4-23 & FY-23).

Se alla prima domanda sapevamo come rispondere, il discorso si fa più arduo se analizziamo più da vicino il settore Life Science. Dal 2007, anno della sua nascita, Italian Angels for Growth (IAG) ha visto questo segmento evolvere e ampliarsi sia in termini di capitali investiti, sia di numero di player specializzati in questo settore.

Fino a pochi anni fa il numero di fondi VC specializzati su questo mercato era molto contenuto, e questa tipologia di investitori tendeva a investire solo in startup già consolidate che avevano bisogno di capitali per le fasi più avanzate, come le fasi cliniche. Oggi, invece, il numero di attori che hanno visto l’attrattività di questo segmento e vi investono regolarmente, è aumentato in modo significativo. Questo nuovo, più elevato livello di concorrenza tra investitori di settore, ha spinto questi attori ad intercettare opportunità di investimento in fasi di vita ancora più early delle startup biotech.

E come può però un investitore assicurarsi di entrare in contatto con i migliori deal prima dei suoi pari? Intercettandoli e supportandoli da prima della nascita della società, prima della costituzione del team, prima dell’inizio del fundraising. In altre parole: facendo company building.

Il company building per una startup biotech comporta un processo ben preciso e su misura per le specificità del verticale biotech, in gran parte diverse da quelle di qualsiasi altro settore - come la lunga durata della fase di R&D, l'elevato livello di rischio, i rigorosi requisiti normativi e la necessità di grandi investimenti di capitale.

Un tempo questo ruolo di supporto alla nascita delle startup era adottato maggiormente dagli incubatori e acceleratori, tuttavia, negli ultimi anni abbiamo assistito a un chiaro spostamento del focus dei fondi specializzati verso questo strumento, basti pensare, tra tutti, a Claris Ventures e Sofinnova Partners. Ma non si tratta più (solo) di vincere la concorrenza degli altri fondi e intercettare i deal prima degli altri: questo nuovo approccio ha dei vantaggi estremamente importanti per investitori e imprenditori.

Partiamo dalle fondamenta. La ricerca italiana nel settore delle Life Sciences è sempre stata apprezzata a livello internazionale, grazie all'impegno e alla specializzazione di accademie e istituti che garantiscono un livello qualitativo molto alto dal punto di vista scientifico. Tuttavia, solo in pochi casi i ricercatori puntano a trasformare questa ricerca in startup e l’ambizione imprenditoriale è rara in questi contesti. Le ragioni sono molteplici. Principalmente, questi professionisti hanno un background scientifico più che economico o imprenditoriale e provengono da contesti che in Italia non favoriscono ancora sufficientemente la creazione di business a partire dalla ricerca. Tutto questo rappresenta un limite per l’ecosistema ma allo stesso tempo un’opportunità per gli investitori. Questi ultimi adottano la strategia del company building perché avranno l’opportunità di creare una startup con solide fondamenta scientifiche e allo stesso tempo avere un’alta percentuale nella cap table della società. Proteggendosi così dalle future diluizioni date dai round successivi.

In parole povere, si tratta di costruire una startup partendo dal lavoro del ricercatore, costruendo intorno al progetto di ricerca la struttura e le persone necessarie per trasformarlo in un business oltre ovviamente ai capitali da investire. Ad esempio, per affiancare il progetto scientifico, bisognerà definire il budget, collaborare con gli enti regolatori, definire un IP strategy, o parlare con gli altri investitori.

Un altro dei fattori principali che porta i fondi a investire diversi milioni di capitali e in fasi sempre più early attraverso un approccio di company building, è la necessità di fondi di un’azienda Life Science. Essendo un settore estremamente capital intensive, una start up biotech avrà bisogno di molto più capitale fin dalle prime fasi di vita rispetto alle startup di altri settori.

Una strategia di investimento di questo tipo permette alla startup di avere la copertura finanziaria necessaria per non subire interruzioni ed arrivare senza ritardi agli inflection point più importanti i quali rappresentano anche le principali finestre di exit. Per inflection point, parliamo dei dati scientifici ottenuti al termine degli studi pre-clinici e di quelli nelle fasi cliniche. Se, infatti, le startup Life Science terminano i capitali da investire nel R&D prima del tempo previsto, si rischia di compromettere l’intero progetto. Non potendo quindi terminare gli studi per ottenere i dati necessari, i quali permetterebbero alla startup di raccogliere ulteriori fondi e quindi proseguire nel percorso di creazione di valore.

La costituzione del team imprenditoriale è forse l’aspetto più importante in questa fase, e in particolare in ambito biotech: se parliamo di una startup nelle primissime fasi di sviluppo, il team dovrà avere un orientamento quasi esclusivamente scientifico per focalizzarsi sulla ricerca. Se invece parliamo di una startup con un candidato farmaco già individuato e avviato alla fase clinica allora sarà chiave anche la figura di un CEO che possa costruire dei rapporti con potenziali partner e potenziali acquisitori.

Fin dai suoi primi anni di attività IAG è sempre stata in prima linea nella fase pre-seed e seed e ha vissuto in prima persona questo cambio di paradigma. La domanda è quindi sorta spontanea: come dovrebbe comportarsi un network di Business Angels a seguito di questi cambiamenti di mercato?

In un primo momento l’angel investing e il company building sviluppato da investitori specializzati potrebbero sembrare incompatibili, considerando che un fondo con maggiori disponibilità di capitali e potenzialmente più esperto opera nella stessa fase di sviluppo che i business angels sono sempre stati abituati a gestire in prima linea da soli.

Però, come andremo ad analizzare, tra VC ed angel investors si può instaurare un rapporto fortemente sinergico nella fase di company building.

Prendiamo, per esempio, la necessità di condurre una Due Diligence sulle potenzialità tecniche del progetto. Un gruppo di business angel ha la possibilità di raggiungere, attraverso il proprio ampio network di esperti di settore, i key opinion leader più adatti a questo compito. Un altro fattore che conferma l’importanza di questa partnership emerge nel momento della ricerca di nuove persone chiave da inserire nel management team della startup: il pool di angel investor che ricoprono ruoli chiave in aziende farmaceutiche e medicali può rappresentare un grande valore per la ricerca di questi profili.

Due esempi tra tutti: Resalis Therapeutics e Alkemist Bio. In entrambi i casi, come network di angel investors, IAG ha investito sin dalla nascita delle due startup e ha supportato la strategia di company building guidata da un fondo specializzato, Claris Ventures. Grazie a questo modus operandi, le startup sono riuscite a raccogliere un primo round da circa € 7 M e a costruire un team complementare nel corso degli anni, vedi ad esempio l’inserimento di un Budget Planner o di un Chief Medical and Development Officer nel caso di Resalis. Ciò ha permesso di supportare senza ritardi la prima fase di drug discovery nel caso di Alkemist e di raggiungere la fase di validazione pre-clinica nel caso di Resalis. Oltre a contribuire con una parte dei capitali necessari, IAG ha anche aiutato ad individuare le persone giuste per ricoprire le posizioni chiave all’interno della startup. Un esempio delle potenzialità di questa simbiosi è dato dalla nomina del nuovo CEO di Resalis. In questo caso IAG è riuscita a proporre un membro della propria associazione ed esperto del settore Life Science che già da diversi anni guida la startup.

Questi sono solo alcuni esempi del ruolo che i business angel possono giocare a supporto del company building e permettere una creazione di valore effettiva in fasi critiche di sviluppo delle startup. In un ecosistema in continua trasformazione, diventa sempre più importante considerare come i ruoli che siamo stati abituati ad osservare cambino, comportando lo sviluppo di nuove strategie di investimento sia per i piccoli operatori che per i leader di mercato.

Riccardo Viola, Investment Analyst IAG