Qual è il tuo background?
Ho una formazione abbastanza articolata: laurea in legge, Master in Mass Communication e MBA in Bocconi.
Ho lavorato per più di 25 anni nell’industria dei Media che mi appassiona e mi affascina in quanto osservatorio ma anche specchio dell’evoluzione della società, e quando con l’avvento del digitale l’industria è entrata in crisi, essendo peraltro tra i primi settori a esserne travolto dalla forza disruptive, ho deciso di prendere un anno sabbatico e sono volata a New York per un Master in Digital Media alla NYU.
Un’esperienza entusiasmante. Tornare a “studiare”, con l’approccio del learning by doing tipico dei corsi per executive, dopo anni di lavoro intenso sul campo, e farlo nel centro propulsore dell’innovazione dove avevi la possibilità di vedere e analizzare quello che da noi sarebbe diventato realtà solo 5 o anche 10 anni dopo, è stata una straordinaria palestra, soprattutto per chi come me è da sempre appassionata di innovazione.
E una volta ripreso a “studiare” non ho più smesso...infatti rientrata in Italia, pur ricominciando a lavorare, ho continuato ad arricchire le mie conoscenze, soprattutto in campi nuovi, sfruttando le straordinarie opportunità fornite dall’e-Learning; ora sto seguendo un interessantissimo corso sul Machine Learning del MIT.
Beh, un sabbatico è una scelta abbastanza atipica per una persona non più giovane e già affermata nel mondo del lavoro...
E infatti in molti mi dicevano che ero folle…ma io credo che quel che non si sa è spesso più importante di ciò che si sa già.
Comunque, è vero: qui in Italia per la nostra cultura manageriale il sabbatico è considerato una scelta abbastanza atipica, anzi direi non è quasi contemplato a differenza che in altri Paesi dove non solo è apprezzato ma è spesso anche incentivato dalle stesse aziende.
Io invece credo molto nella educazione continua, e uso non a caso il termine educazione (far uscir fuori) che preferisco rispetto al termine formazione (plasmare, dare forma alle persone), e sono convinta che soprattutto oggi, con l’evoluzione rapida delle tecnologie, con la discontinuità e la complessità che sono diventati elementi strutturali dei mercati e del business, l’apprendimento permanente sia indispensabile per tutti.
Se poi l'obiettivo è l’innovazione, come diceva Proust “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” che è proprio quello che un’educazione continua ti aiuta ad avere.
Perché hai scelto di far parte di IAG?
Per diverse ragioni.
Innanzitutto, trovo che IAG rappresenti un interessante osservatorio sull’innovazione, un punto di vista privilegiato su come questa oggi si muove nel nostro paese e non solo.
Poi la rete, il networking e l’entrare in contatto con persone dal background e dalle competenze/esperienze nei più diversi settori -e anche questo in qualche modo fa parte del concetto di educazione continua- soprattutto in occasione delle riunioni di screening, consente una gestione condivisa del rischio più consapevole e informata.
Da ultimo, ma non ultimo per importanza il give back e il cercare di contribuire a rendere il nostro paese più moderno e più vicino ad altre realtà anche europee decisamente più avanzate nel favorire l’imprenditorialità, l’innovazione e la creazione di un ecosistema che non solo le favorisca ma che le stimoli e le incoraggi.
Cosa apprezzi di più dei servizi offerti dalla vita associativa IAG?
La formalizzazione di un vero e proprio processo che nel tempo si è arricchito e affinato e che, senza nulla togliere allo spirito imprenditoriale e alla creatività, consente una selezione più accurata e attenta delle startup.
Una pianificazione puntuale delle attività e delle fasi di screening e di valutazione che nel tempo è riuscita a coinvolgere un numero sempre maggiore di soci.
Negli ultimi anni la tua vita professionale si è focalizzata sul mondo delle startup…Provenendo però da un mondo come quello dei media - paradigma di grandi e complesse realtà che negli ultimi venti anni sono state sottoposte ad enormi sfide legate all’innovazione ed al cambiamento - ritieni che esistano forme ed opportunità di convergenza fra questi due modi di vivere l’innovazione?
Io credo che delle forme di osmosi, se non di vera e propria integrazione, tra il mondo delle Startup e quello dell’Innovazione Aziendale, siano fondamentali per attuare un “cambio di marcia” nel processo di innovazione del Sistema Italia.
Chi debba farsene carico è meno chiaro ma ho l’impressione che altri Paesi, anche al di qua dell’Atlantico, siano più avanti di noi.
Di sicuro, in questa nuova sfida si aprono anche delle opportunità: per quanto mi riguarda da qualche mese faccio parte, come co-founder, di uno Startup Studio, Foolfarm, focalizzato sulle tecnologie basate sull’ Intelligenza Artificiale, il cui obiettivo è proprio quello di creare un rapporto organico con le grandi e medie imprese, sia attraverso la modalità startup-as-a service sia attraverso un modello di business che per ogni progetto di startup prevede un backing partner, azienda o organizzazione, che consenta di accelerare la validazione e preparare il mercato. Un’iniziativa che certamente contribuisce a consolidare l'ecosistema italiano del venture capital e che affianca le attività di avvicinamento alle startup e di open innovation promosse già da vari attori, tra cui IAG stessa.
Mi sento comunque di poter dire che esiste una tendenza generale ad identificare modalità nuove di sinergia e cooperazione tra i due “paradigmi” e mi auguro che una sponda “istituzionale” volta ad assecondare e canalizzare queste energie venga realizzata quanto prima, affinché questa convergenza si trasformi in un circolo virtuoso per il cambiamento e la modernizzazione del Paese.
Quali consigli daresti ad una giovane donna per sviluppare le sue competenze di leadership e superare limiti auto imposti anche nella promozione di sé stessa?
Prendo a prestito quanto raccomandava il nostro Presidente del Consiglio a dei giovani studenti universitari: conoscenza, coraggio e umiltà e aggiungerei il rispetto di sé.
Della conoscenza ho già detto: non smettere mai di imparare.
Quanto al coraggio- come sostiene quella che è oggi considerata una delle più grandi scrittrici americane del nostro tempo, Joan Didion - le donne che hanno rispetto di sé mostrano a volte una certa durezza, esibiscono appunto coraggio e quello che una volta si chiamava carattere, una qualità che sebbene apprezzata in astratto, a volte perde terreno rispetto ad altre virtù più negoziabili.
Eppure, il carattere, la volontà di prendersi la responsabilità della propria vita, il coraggio, appunto, è la fonte da cui sgorga il rispetto di sé.
Quanto all’umiltà, forse nel caso delle donne consiglierei di non eccedere troppo in questa qualità, per natura noi donne tendiamo ad esserlo molto più degli uomini e questo spesso può essere un handicap.
Da ultimo, più che un consiglio un’esortazione: coltivate i vostri talenti e onorate le vostre ambizioni!